Rinnovabili sì, rinnovabili no, rinnovabili forse, chissà… magari domani. Per chiarire meglio la questione abbiamo realizzato uno speciale dedicato all’argomento con la collaborazione diRoberto Saija, un imprenditore esperto nel settore del fotovoltaico. In questi giorni si sentono una gran quantità di tesi contraddittorie sui benefici e malefici presunti, tra energia verde e tradizionale. Il bello è che le argomentazioni sembrerebbero tutte giuste, sia per l’una che per l’altra tesi. Ma è mai possibile? E’ possibile che sia così difficile capire se e quanto le rinnovabili facciano bene o male alle famiglie italiane e al futuro del nostro paese? Chi stabilisce le regole, che cosa veramente incide sulla bolletta energetica?
Fotovoltaico
Prima di tutto è bene distinguere tra il fotovoltaico e il resto delle energie rinnovabili, perché, mentre l’energia prodotta dai pannelli solari ha fatto registrare una crescita sorprendente dal 2005 (anno del 1° conto energia) ad oggi, l’aumento dalle altre fonti è stato decisamente più moderato. Di conseguenza anche il peso degli aiuti ha inciso diversamente: 6 miliardi di euro al solare e 3 miliardi di euro al resto. Come spiega Roberto Saija: “il V Conto Energia ha fatto scattare l’allarme nel settore del fotovoltaico a causa di una forte riduzione degli incentivi. La riduzione si deve al calcolo sulla durata del programma di incentivazione alle rinnovabili di 15-20 anni: di questo passo si superano i 150 miliardi di euro di incentivi che comporterebbe un aggravio di 90 euro anno a famiglia ovvero 120 euro alla fine del 2012 invece dei 30 euro del 2009″.
L’autorità per l’Energia avalla un aumento della bolletta del 4% con grande enfasi, che segue un primo aumento, ancora più alto (5,8%), derivante dalla crescita del costo del petrolio e del gas.
Le rinnovabili fanno calare i prezzi
Tra botta e risposta sui media, Repubblica va in netta controtendenza e parla di un crollo dei prezzi dell’elettricità per 37 miliardi di euro in 20 anni. I dati escono fuori dall’Irex Annual report 2012 dell’istituto Althesys. L’Espresso pubblica un’intervista del prof. Alberto Clò, ex ministro dell’industria ed esperto del settore, che spiega come l’Italia produca il doppio del nostro fabbisogno energetico, auspicando il mantenimento e l’ottimizzazione delle centrali esistenti.
Com’è possibile?
Gaetano Buglisi di Asso Energie Future, ha indagato sui costi in ballo, e sostiene quanto in parte anticipato dalla sua associazione, ovvero che, tra costi e benefici, si ha un saldo positivo al 2030 tra 21 e 37 miliardi più o meno. Quindi i 150 miliardi sono una cifra completamente sballata, perché non bisogna moltiplicare la differenza di quello che oggi si riceve attraverso gli incentivi e l’attuale valore di mercato, per i venti anni di validità del programma. Perché il costo del chilovattora non sarà fisso, al contrario prevediamo che il prezzo di mercato crescerà fino a superare il valore degli incentivi (che invece resterà immutato nei 20 anni) e a quel punto avremo un costo delle rinnovabili inferiore a quello dei fossili.
Ma allora a chi dare ragione?
Nella valutazione complessiva bisogna anche considerare che le nostre bollette elettriche non sono la semplice somma algebrica di costi di produzione, trasporto, impianti etc. Ma anche di costi che sosteniamo e che sono derivati da fattori esterni per la tutela delle installazioni e la difesa della produzione e trasporto della materia fossile. Che il petrolio non è perenne, che non servono extra costi per abbattimento e smaltimento di scorie e altro. Soprattutto che sole, vento e geotermia sono prodotti di casa Italia, e il loro prezzo resta quello e non esiste guerra o crisi che possano chiudere i rubinetti. Inoltre un euro non investito oggi per ridurre le emissioni di co2 ne costerà più di 4 nel 2020 per compensare la nuova crescita di emissioni. C’è di che riflettere.